Tanto per Fare Distinzioni
Oggi ho letto l'editoriale di Umberto Eco (la bustina di Minerva, si chiama) sull'Espresso - una delle poche cose leggibili di un settimanale che va orgoglioso della sua irriducibile inimicizia per il centro-destra.
Questa settimana Eco sviscera alcune delle più blatanti contraddizioni dell'antisemitismo, ed è una lettura piacevole. Nell'editoriale Eco afferma pure che non si possono ritenere antisemiti tutti quelli che criticano le azioni di Israele, e pure questa è una posizione valida.
Eppure, eppure... per me c'è qualche distinzione da fare.
La prima cosa che mi viene in mente è che i semplici critici di Israele sembrano piuttosto inclini ad associarsi, o almeno a non evitare strenuamente l'associazione - condividendo spazi mediatici e fisici - con chi antisemita lo è davvero.
Ci sono poi, come già scrissi, gli ignavi - quelli che non vogliono di certo vedere gli ebrei sterminati, ma nemmeno vogliono macchie sulla loro preziosa anima candida, per cui stanno a rigirarsi le mani incapaci di agire mentre altri ammazzano ebrei a destra e a manca.
Per continuare, non tutte le critiche ad Israele sono le stesse. Ci sono le critiche a specifiche azioni e decisioni di Israele, o anche più in generale critiche ad usi e costumi del popolo o del governo israeliano. Si può discutere anche ferocemente sul merito delle critiche, ma non sulla loro legittimità.
Però ho anche visto affermazioni ben diverse, che mettono in dubbio il diritto di Israele ad esistere. Questo viene spesso chiamato antisionismo, ma a me riesce difficile capire come negare il diritto agli ebrei di avere un loro stato non contenga almeno una dose di avversione per gli ebrei stessi - soprattutto quando molte delle stesse persone riconoscono il diritto quasi incondizionato all'autodeterminazione di qualsiasi altra minoranza etnica.
Ci sono infine quei sedicenti critici di Israele che usano tutto il classico armamentario retorico dell'antisemitismo storico, più magari qualche nuova trovata. Questi mi sembra stiano soltanto cercando di nascondere la loro vera natura.
Questa settimana Eco sviscera alcune delle più blatanti contraddizioni dell'antisemitismo, ed è una lettura piacevole. Nell'editoriale Eco afferma pure che non si possono ritenere antisemiti tutti quelli che criticano le azioni di Israele, e pure questa è una posizione valida.
Eppure, eppure... per me c'è qualche distinzione da fare.
La prima cosa che mi viene in mente è che i semplici critici di Israele sembrano piuttosto inclini ad associarsi, o almeno a non evitare strenuamente l'associazione - condividendo spazi mediatici e fisici - con chi antisemita lo è davvero.
Ci sono poi, come già scrissi, gli ignavi - quelli che non vogliono di certo vedere gli ebrei sterminati, ma nemmeno vogliono macchie sulla loro preziosa anima candida, per cui stanno a rigirarsi le mani incapaci di agire mentre altri ammazzano ebrei a destra e a manca.
Per continuare, non tutte le critiche ad Israele sono le stesse. Ci sono le critiche a specifiche azioni e decisioni di Israele, o anche più in generale critiche ad usi e costumi del popolo o del governo israeliano. Si può discutere anche ferocemente sul merito delle critiche, ma non sulla loro legittimità.
Però ho anche visto affermazioni ben diverse, che mettono in dubbio il diritto di Israele ad esistere. Questo viene spesso chiamato antisionismo, ma a me riesce difficile capire come negare il diritto agli ebrei di avere un loro stato non contenga almeno una dose di avversione per gli ebrei stessi - soprattutto quando molte delle stesse persone riconoscono il diritto quasi incondizionato all'autodeterminazione di qualsiasi altra minoranza etnica.
Ci sono infine quei sedicenti critici di Israele che usano tutto il classico armamentario retorico dell'antisemitismo storico, più magari qualche nuova trovata. Questi mi sembra stiano soltanto cercando di nascondere la loro vera natura.
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