Difendere le Decisioni - 2
Come si inserisce la campagna in Iraq in questo quadro? La questione delle armi NBC di Hussein costituiva soltanto una delle parecchie motivazioni, anche se non era cosa da poco. E' opportuno ricordare che molti Paesi assieme agli USA ritenevano che Hussein avesse almeno l'intenzione di proseguire con i suoi programmi NBC; il disaccordo era su cosa fare a riguardo.
Di nuovo, avendo a disposizione i risultati delle ispezioni ed indagini eseguite dopo l'invasione è facile sostenere che alcuni dei timori fossero infondati (la mia impressione è che sostenere che Hussein avesse rinunciato ai programmi NBC basandosi sostanzialmente solo sulla sua parola e su di ispezioni che hanno incontrato infiniti problemi è quantomeno ingenuo), ma bisogna stare attenti a come si usa il senno di poi. Inoltre, è universalmente vero che agire soltanto quando una minaccia è diventata imminente non è per niente saggio dal punto di vista strategico - ma considerando quello che molti pensano sia riguardo le relazioni internazionali sia l'autodifesa individuale, mi pare che tale insegnamento si largamente andato perduto.
Comunque sia, la decisione di applicare la Dottrina Bush a partire dall'Iraq si poggia su diversi pilastri: c'era già un casus belli, ovvero il fatto che la guerra del 1991 non era ancora tecnicamente finita, e che il regime di Hussein aveva commesso parecchi atti ostili contro le forze alleate, in violazione degli accordi siglati.
Un altro fattore era l'opportunità strategica: l'Iraq ha un territorio relativamente favorevole - non come le aspre montagne del Pakistan o Iran; si prestava ad un attacco a tenaglia (piano fallito per la defezione della Turchia); non presentava il rischio di interromepere il flusso di petrolio del Golfo (una tale interruzione sarebbe catastrofica per l'economia mondiale) e non costituiva un nemico troppo forte - almeno per quanto riguarda l'esercito regolare iracheno; è legittimo pensare che la forza dei ribelli e jihadisti sia stata sottostimata.
Questa riguardo la forza del nemico può sembrare un'ammissione di viltà, ma a dire il vero è uno dei principi basilari dell'arte della guerra che se si ha la possibilità di scegliere non si attacca il nemico più forte (come potrebbe essere l'Iran) per primo - a meno che non ci sia una ragionevole certezza che vincere il nemico più forte potrebbe portare al rapido collasso dei quelli più deboli; ma questo non era il caso.
Ora non sembra che la Dottrina Bush stia funzionando particolarmente bene: il cambio di regime non si è esteso al di fuori dell'Iraq, e quest'ultimo paese non solo è scosso da continui attentati e violenze, ma nemmeno riesce a produrre un governo che tenti con decisione di uscire dall'immobilismo. Però non bisogna dimenticare che l'immagine dell'Iraq che ci arriva è comunque distorta dalla naturale tendenza dei media a preferire storie di violenza, sangue e distruzione rispetto alla più o meno pacifica quotidianità.
C'è poi il fattore con il quale ho aperto questo saggio: ci sono giornalisti ed intellettuali tanto assorbiti dal loro odio per Geroge Bush da preferire uno sconfitta americana in Iraq and un successo dell'uomo. Divent quindi un difficile separare gli effetti delle vere carenze della dottrina - o della sua esecuzione - dagli effetti del continuo disfattismo.
Per finire, mi chiedo quale coscienza abbiano in verità quelli che si rallegrano per il vero o presunto fallimento della Dottrina Bush. Viste le sue basi, queste persone in realtà si stanno rallegrando del fatto che una grossa fetta della popolazione mondiale sia incapace di vivere liberamente; si rallegrano del fatto che il Medio-oriente rimarrà nella morsa del fanatismo islamico e della tirannia; si rallegrano del fatto che molte viste sono state sacrificate per niente. Questo per me è un arido deserto morale.
(Riesco a malapena a scrivere coerentemente ormai. Per fortuna ho finito)
Di nuovo, avendo a disposizione i risultati delle ispezioni ed indagini eseguite dopo l'invasione è facile sostenere che alcuni dei timori fossero infondati (la mia impressione è che sostenere che Hussein avesse rinunciato ai programmi NBC basandosi sostanzialmente solo sulla sua parola e su di ispezioni che hanno incontrato infiniti problemi è quantomeno ingenuo), ma bisogna stare attenti a come si usa il senno di poi. Inoltre, è universalmente vero che agire soltanto quando una minaccia è diventata imminente non è per niente saggio dal punto di vista strategico - ma considerando quello che molti pensano sia riguardo le relazioni internazionali sia l'autodifesa individuale, mi pare che tale insegnamento si largamente andato perduto.
Comunque sia, la decisione di applicare la Dottrina Bush a partire dall'Iraq si poggia su diversi pilastri: c'era già un casus belli, ovvero il fatto che la guerra del 1991 non era ancora tecnicamente finita, e che il regime di Hussein aveva commesso parecchi atti ostili contro le forze alleate, in violazione degli accordi siglati.
Un altro fattore era l'opportunità strategica: l'Iraq ha un territorio relativamente favorevole - non come le aspre montagne del Pakistan o Iran; si prestava ad un attacco a tenaglia (piano fallito per la defezione della Turchia); non presentava il rischio di interromepere il flusso di petrolio del Golfo (una tale interruzione sarebbe catastrofica per l'economia mondiale) e non costituiva un nemico troppo forte - almeno per quanto riguarda l'esercito regolare iracheno; è legittimo pensare che la forza dei ribelli e jihadisti sia stata sottostimata.
Questa riguardo la forza del nemico può sembrare un'ammissione di viltà, ma a dire il vero è uno dei principi basilari dell'arte della guerra che se si ha la possibilità di scegliere non si attacca il nemico più forte (come potrebbe essere l'Iran) per primo - a meno che non ci sia una ragionevole certezza che vincere il nemico più forte potrebbe portare al rapido collasso dei quelli più deboli; ma questo non era il caso.
Ora non sembra che la Dottrina Bush stia funzionando particolarmente bene: il cambio di regime non si è esteso al di fuori dell'Iraq, e quest'ultimo paese non solo è scosso da continui attentati e violenze, ma nemmeno riesce a produrre un governo che tenti con decisione di uscire dall'immobilismo. Però non bisogna dimenticare che l'immagine dell'Iraq che ci arriva è comunque distorta dalla naturale tendenza dei media a preferire storie di violenza, sangue e distruzione rispetto alla più o meno pacifica quotidianità.
C'è poi il fattore con il quale ho aperto questo saggio: ci sono giornalisti ed intellettuali tanto assorbiti dal loro odio per Geroge Bush da preferire uno sconfitta americana in Iraq and un successo dell'uomo. Divent quindi un difficile separare gli effetti delle vere carenze della dottrina - o della sua esecuzione - dagli effetti del continuo disfattismo.
Per finire, mi chiedo quale coscienza abbiano in verità quelli che si rallegrano per il vero o presunto fallimento della Dottrina Bush. Viste le sue basi, queste persone in realtà si stanno rallegrando del fatto che una grossa fetta della popolazione mondiale sia incapace di vivere liberamente; si rallegrano del fatto che il Medio-oriente rimarrà nella morsa del fanatismo islamico e della tirannia; si rallegrano del fatto che molte viste sono state sacrificate per niente. Questo per me è un arido deserto morale.
(Riesco a malapena a scrivere coerentemente ormai. Per fortuna ho finito)
2 Commenti:
Direi una analisi approfondita (per quanto si possa fare in un blog) e che condivido.
Anche se, personalmente, ritengo che gli effetti benefici della politica di Bush potranno vedersi in futuro (e saranno consistenti) condizionati solo dal fatto che è necessario che ci sia un erede a Bush. Un erede che, al momento, non si vede nè in campo democratico nè in quello repubblicano.
Di Massimo, Alle 9/8/07 05:53
Più che una analisi ex-novo è una raccolata e riassunto di argomenti che avevo già trattato in un modo o nell'altro.
E' vero che la Dottrina Bush è a lungo termine (e non sottolineare questo aspetto è stato un altro grave errore di comunicazione) e senza un successore che la prosegua - anche modificata - si rischia anche di disfare il lavoro fatto finora.
Mi sono accorto che ho lasciato fuori diverse cose; forse in un prossimo saggio...
Di Fabio, Alle 12/8/07 08:21
Posta un commento
Iscriviti a Commenti sul post [Atom]
<< Home page