The Second Version

24/06/08

Ranucci-Style

Ed ecco finalmente la critica al documentario Calipari Friendly Fire di Fulvio Benelli ed Emanuele Piano. Il loro è vero, originale Ranucci-style.

In memoria di Sigfrido Ranucci che ha tentato, con uno sconclusionato documentario, di dimostrare che il fosforo bianco usato dagli americani durante la Battaglia di Fallujah è un'arma chimica proibita - mentre non è arma chimica e solo alcuni usi del fosforo come incendiario, peraltro descritti in un trattato del quale gli USA non fanno parte, sono proibiti - ed ha tentato di dimostrare cose inverosimili come il lancio di fosforo dagli elicotteri, ed anche di rivelare una supposta strage di civili mostrando un piccolo numero di cadaveri con danni descritti come causati da fosforo, mentre in realtà si trattava di normale putrefazione.

Questo nuovo documentario sembra anche più carente dal punto di vista della logica quantomeno. Nota, le mie informazioni sono tratte da questo articolo sul Corriere on-line del 19 Giugno 2008: se l'articolo fa affermazioni errate (cosa di certo possibile) non è colpa mia. E nemmeno ho voglia di sorbirmi il documentario intero, in questi giorni.

Bene, sistemati questi dettagli apriamo le danze.
Gli altri «cecchini» non furono identificati perché la scena del «delitto» fu ripulita in fretta dagli americani, per impedire all'Italia di investigare.
Il buon giorno si vede dal mattino...
«Abbiamo le prove che gli americani avevano individuato la casa dov'era detenuta la Sgrena ed erano pronti al blitz», spiega Benelli, che ha investigato la vicenda per più di un anno. «Era questione di ore, ma, avendolo saputo, i servizi italiani hanno agito d'urgenza perché temevano la morte dell'ostaggio nelle operazioni».
Primo errore del governo italiano: era meglio lasciare procedere l'azione di forza. Sarebbe stato anche meglio farla con le nostre truppe.
Dalle perizie, inedite, coordinate dal professor Domenico Compagnini di Catania e depositate presso lo studio legale Gamberini (quello della Sgrena) si evincerebbe che gli spari non vennero da una sola arma, come giurano gli americani, per i quali si trattò di «tragico incidente». «Non è stato possibile trovare la maggior parte dei bossoli perché gli americani ripulirono subito la scena — teorizza il giornalista/ regista — Impedendo per oltre un mese alla nostra polizia scientifica di analizzare il veicolo».
Quali perizie balistiche si possono fare senza avere i bossoli a disposizione? Ben poche, a rigor di logica - ma questo non basta a fermare l'intrepida armata.
Per quanto riguarda la non conservazione della scena, io mi chiedo in quale mondo viva il giornalista/regista: l'incidente è avvenuto sulla rampa di accesso ad una strada ad alto traffico, nel bel mezzo di una zona di operazioni molto "calda". Cosa dovevano fare i militari americani, recintare il tutto con i nastri "Police Line do Not Cross", mettere un paio di guardie ed aspettare che arrivasse la polizia scientifica (tra l'altro corpo civile mentre si parla di operazioni militari) dall'Italia? Queste richieste sono assolutamente assurde.
Così come è assurdo pensare che soldati impegnati in combattimento possano tenere conto di ogni singolo colpo sparato.
Tanto per puntualizzare, nel veicolo sul quale viaggiavano Calipari e gli altri potevano al massimo trovarsi proiettili, non certo bossoli. Ma il bello deve ancora arrivare...
Ma dall'analisi svolta poi dagli italiani risulterebbe che il solo Lozano non poteva essere artefice dei 58 spari accertati (ma forse molti di più) che colpirono l'auto. La tesi è avvalorata dal diretto interessato. «La mia M240B è l'arma più grande di tutte — racconta nel film —. Quando spara non riesco a sentire se anche altri sparano».
Questa è roba da prendere a testate non un muro, ma la corazza frontale di un Leopard 2. Le foto della Toyota prese subito dopo l'incidente sono pubblicamente disponibili, e quella macchina di sicuro non è stata colpita da 58 (ma forse molti di più) proiettili 7.62x51 - o siamo tornati ai deliri della Sgrena che parlava di 300-400 proiettili bellamente ammucchiati sul sedile posteriore? Senza contare che sarebbe stato difficile per i passeggeri sopravvivere sotto quella gragnuola di colpi.
Ma quello che dovrebbe avvalorare la tesi è ancora più ridicolo, anzi è una ben nota fallacia logica: non si può sostenere che altre armi abbiano sparato solo perchè il rumore della mitragliatrice coprirebbe il loro.
Al suo ritorno in Italia, la Sgrena dichiarò che forse qualcuno, tra gli americani, non voleva farla tornare viva in patria per punirla dei suoi reportage anti-Usa. Washington aveva criticato i nostri servizi segreti che non avevano esitato a pagare ingenti riscatti per la liberazione di altri ostaggi, qualcuno allora parlò di «lezione esemplare degli Usa all'Italia ».
Qualcuno chi? Forse il documentario lo spiega, ma qui non si capisce. Se poi l'intenzione era di uccidere la Sgrena, certamente è stata seguita con poca convinzione, visto che lei è ancora viva e vegeta e continua a sfornare propaganda anti-americana eccetera.
Le critiche per il pagamento dei riscatti poi sono perfettamente fondate.
Alla domanda «c'è stato un complotto?» Lozano risponde: «Dopo l'11 settembre tutto è possibile, potrei anche essere vittima di una cospirazione».
Direi che in traduzione e fuori dal contesto questa frase è ambigua: potrebbe anche riferirsi ad un complotto ordito dalla Sgrena e/o i suoi compagni (termine scelto non a caso). Tra l'altro Lozano mi sembra un buon uomo e non una testa bacata complottista - ma le persone cambiano.
Più tardi il militare contraddice la versione ufficiale Usa secondo cui la strada in cui si trovavano, la Route Irish, era presidiata per l'imminente passaggio dell'allora governatore Usa a Bagdad.
Il rapporto parla (perchè si deve usare l'ormai odiosa espressione "versione ufficiale"?) invece della visita di un ambasciatore degli Stati Uniti, e specifica che il posto di blocco è rimasto in posizione molto più a lungo del previsto a causa di un problema di comunicazione e dei disguidi frequenti durante le operazioni militari. Sono gli autori del documentario, o i giornalisti del Corriere che nemmeno sanno cosa dice il rapporto dell'Esercito USA?
L'argomentazione dei funzionari Usa («Non eravamo a conoscenza dell'operazione Sismi») viene smentita dalla presenza all'aeroporto del capitano Green, il comandante americano che all'arrivo di Calipari gli aveva consegnato, coordinandosi con il generale italiano Mario Marioli, il badge per muoversi in zona.
Di nuovo, il rapporto sull'incidente afferma che il capitano Green sapeva della presenza degli agenti SISMI, ma non dei dettagli dell'operazione - e che il generale Marioli gli aveva pure detto che era meglio tenere la bocca chiusa sulla vicenda finchè non fosse conclusa.
Secondo l'ex 007 Wayne Madsen, intervistato nel video, il segnale lanciato da Calipari era stato intercettato dall'Nsa che non si premurò di passarlo ai militari al fronte.
Quale segnale lanciato da Calipari? Forse verrà spiegato nel documentario; potrebbe trattarsi della telefonata che ha annunciato l'avvenuto salvataggio (potrei anche andare a vedere il rapporto italiano sull'incidente, ma sono già le 00:35). Comunque, vista l'ostinata divisione in compartimenti stagni fra le varie agenzie del governo USA, il fatto che informazioni anche importanti non vengano condivise non dovrebbe stupire nessuno. Tranne i giornalisti rampanti, naturalmente.
«Madsen ha lasciato l'Nsa — afferma Benelli — Perché indignato dalla policy del "prima sparo e poi domando chi sei" usata in Iraq.
Procedura certamente criticabile, ma che ha senso di esistere in un ambiente dove sono (ed erano anche di più) frequenti gli attacchi suicidi con autobombe ed altre armi. Il famoso rapporto poi contiene raccomandazioni su come modificare i posti di blocco e le procedure per ridurre le possibilità di vittime civili. Cosa c'entri poi la NSA con le regole d'ingaggio militari rimane oscuro, ma tant'è.
Gli americani hanno imposto la loro versione, addossando l'errore agli italiani che non hanno neanche saputo chi era la persona che avrebbe dovuto dare la comunicazione a Lozano e non l'ha data. La catena di comando non è mai stata indagata».
E' curioso chiedere che qualcuno fornisca informazioni di cui non dispone in primo luogo - però il vero problema sta ad un livello diverso: ordini che vanno perduti, o che vengono interpretati male, incomprensioni e difficoltà di comunicazione sono una costante della storia militare; solo gli ignoranti possono ritenere che il mancato annuncio di un particolare fatto sia una prova di complotto.
L'incidente sarebbe «la riprova del caos ai vertici». «In Iraq gli americani non hanno il polso della situazione e ciò spiega perché la guerra va male — precisa Benelli —. Dal documentario emerge che i soldati sono lasciati liberi di fare ciò che vogliono».
Opinioni, opinioni anche contro i fatti (la sconfitta di al-quaida nel Triangolo Sunnita dove la mettiamo) e l'ignorare che la grande autonomia degli ufficiali sul campo è una delle caratteristiche deliberate e vincenti delle forze armate USA. Mentre Benelli sembra sostenere l'idea che le truppe americane in USA siano un'orda fuori controllo, anarchica e violenta che spara a casaccio per divertimento. Una visione nuova ed originale, davvero.

Ma... c'è un ma! La morte di Calipari è stata causata da un deliberato tentativo di assassinio, oppure da un incidente dovuto alla situazione caotica? Bisogna decidersi qui: le due descrizioni sono mutuamente esclusive.
Beata speranza: per i soliti essiccatori di frutta (grazie Wellington) le truppe USA continueranno ad essere allo stesso tempo un'orda fuori controllo, anarchica e violenta ed una efficientissima, quasi infallibile macchina di morte sotto il controllo dei neo-con.
In una seduta al Senato, subito dopo la morte di Calipari, il premier dichiarò che l'Italia avrebbe fatto tutto il possibile per accertare la verità. «Se non lo farà — conclude Benelli —, il Paese creerà un terribile precedente per il prossimo Calipari, costretto ad andare in un territorio nemico a liberare la nuova Sgrena».
Forse il nostro rampante giornalista si è accorto che è stata l'irresponsabilità di una propagandista a mettere in moto tutta la vicenda causando la morte di chi ha, senza egoismo ma con umiltà, ubbidito all'ordine di andarla a recuperare? Mi sa di no, ma posso sempre sperare - dopottuto, lo fa anche Barack Obama.

A parte i singoli fatti, il problema più grosso di questa teoria del complotto è l'intera logica. Qualche altro papavero americano voleva uccidere la Sgrena, per cui ha avuto la brillante idea di mandare una squadra di soldati della Guardia Nazionale, freschi in Iraq, a fare un posto di blocco sapendo che la macchina degli italiani sarebbe passata proprio di lì... pensando che con la loro abitudine di mitragliare tutto quello che passa e poi di danzare sui cadaveri, essi avrebbero certamente ucciso il bersaglio? Però, per sicurezza, ha pure mandato dei "cecchini", consci della loro missione si direbbe, a sparare al veicolo contemporaneamente a Lozano. Eppure, nonostante fossero parte di un'orda fuori controllo, anarchica e violenta, i soldati al posto di blocco hanno prontamente soccorso i feriti, mentre quelle spietate ed efficienti macchine di morte dei "cecchini" hanno clamorosamente fallito il bersaglio.

Assurdo, contorto, patologicamente fantasioso in alcuni aspetti e disperatemente ignorante in molti altri - tipico complottismo.

E per finire, Il Corriere riassume il documentario fedelmente, o ne ha fatto il solito guazzabuglio?

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5 Commenti:

  • Mah. Non ho seguito la vicenda troppo da vicino, ma ricordo di aver letto che quel posto di blocco quella notte fermò altre due macchine grazie al faro di avvertimento che la Sgrena dice non essersi mai vista. Inoltre dalla mitragliatrice di Lozano mancav un numero di cartucce consistente con le due brevi raffiche d'avvertimento che Lozano dice di aver sparato più i fori ritrovati nella automobile.

    Rimane sempre il fatto che, se si è trattato di un tentativo di assassinare la Sgrena le avrebbero dato il colpo di grazia invece che soccorrerla.

    In quanto poi all'orda anarchica che fa quello che vuole, negli USA si pensa l'esatto contrario, tanto che sono stati scritti libri che argomentano che il JAG imperversa in ogni teatro d'operazione, imponendo regole di ingaggio irrealistiche e mettendo di fatto la vita dei soldati a rischio.

    http://www.amazon.com/Combat-Self-Defense-Warriors-Risk-Averse-Commanders/dp/0979182409/ref=sr_1_1?ie=UTF8&s=books&qid=1214390681&sr=1-1

    Di Anonymous Anonimo, Alle 25/6/08 11:53  

  • Ritengo incredibile che si possa commentare, anche approfonditamente, un documentario che non si è visto. Ma non è lei il primo blogger a farlo, quindi forse questo è un malcostume che si va diffondendo. Quale serietà però in questo comportamento? Quale attendibilità di giudizio per chi la legge? Dice di non aver tempo per vederlo e poi dimostra il contrario spendendo parte di esso per recensirlo.
    E con queste premesse, mi confronta con leggerezza con altre persone? Con i loro lavori? Non è questo l'uso corretto della grande libertà che la rete concede, perchè anche la libertà deve rispondere a delle regole, quanto meno di buon senso.
    Per tanto la invito a sospendere il giudizio in attesa di vedere il famigerato Calipari Friendly Fire, come logica e deontologia impongono, e poi semmai a "smontarlo". Sarò a quel punto molto lieto di dibattere con lei punto su punto. Inoltre le chiedo di non essere offeso (rampante qui è usato in chiara accezione denigratoria), perchè si può condannare un lavoro ma non necessariamente la persona che vi ha lavorato dietro e che lei non conosce. Potrebbe semmai "offendermi" -ma comunque sarebbe improprio per le regole del vivere civile- ove rilevasse nel documentario mala fede da parte mia, ma questo lei non può giudicarlo, sempre perchè le manca la visione diretta. E siamo punto e a capo. Sarà mia premura, se vuole, inviarle il link di riferimento non appena quelli di Al Jazeera pubblicheranno il filmato in straming sul loro sito.
    Cosicchè lei e coloro i quali seguono il suo blog potranno giudicare di persona.
    Grazie per l'attenzione

    Fulvio Benelli

    Di Blogger fulvio benelli, Alle 27/6/08 09:14  

  • Mi fa piacere ricevere un commento dell'autore in persona, anche se di aspra critica.

    Il filmato non è ancora disponibile online; io non posso ricevere al-Jazira e non ho ritenuto opportuno tentare di procurarmi il documentario tramite file-sharing e sistemi di questo genere.

    Quando esso sarà disponibile, prometto di spendere un po' di tempo per esaminarlo. Comunque nel mio articolo faccio presente che il mio commento è basato sul riassunto del Corriere. Mi sono poi permesso di fare considerazioni (come la sostanziale impossibilità di preservare la scena del crimine) che a mio parere sono valide comunque.

    Devo poi precisare che io non sono un professionista, e mi dedico al mio blog solo a tempo perso. Non faccio nemmeno parte di alcun ordine professione né ho sottoscritto alcun codice etico o deontologico.

    L'unica cosa che mi infastidisce è che si ritenga che il mio sia uso scorretto della libertà di espressione. No, io vedo questa libertà nei termini più ampi - che includono la possibilità di dire cose stupide, e poi venire corretti.

    Di Blogger Fabio, Alle 27/6/08 09:34  

  • ...allora è legittimo il fatto che io l'abbia corretta, non se ne infastidisca. Il non aver sottoscritto codici deontologici non sottrae la responsabilità che oguno di noi si assume nel momento che esprime una sua opinione su qualcun altro, sia in un bar con gli amici o sul web. Ma non continuiamo oltre questa nostra tenzone, o rischiamo di annoiare e annoiarci.
    Sono contento che si è impegnato a vedere il documentario, potremo scambiare allora, se ne avrà ancora voglia, pareri sul fatto.
    Piacere di aver fatto la sua conoscenza

    Fulvio Benelli

    Di Blogger fulvio benelli, Alle 27/6/08 11:20  

  • Come promesso, ecco i link del documentario.
    Buona visione

    http://bravenewfilms.org/blog/43394-people-and-power-friendly-fire-29-june-08-part1
    http://bravenewfilms.org/blog/43395-people-and-power-friendly-fire-29-june-08-part2

    Fulvio Benelli

    Di Blogger fulvio benelli, Alle 30/6/08 12:42  

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