Ed il Piave Mormorò
Ieri sera, mentre tentavo di configurare Outlook e trasferire le impostazioni sul mio nuovo portatile (evitate Vista ed Office 2007 se appena potete) ho lasciato la TV accesa, e mi sono visto un po' di Porta a Porta.
Uno degli ospiti era Piero Sansonetti, direttore di Liberazione ("giornale comunista"), che nell'edizione del 3 Novembre proponeva di boicottare la festa della Vittoria, il 4 Novembre.
Sia pure con la solita spocchia dell'intellettuale sinistrato (l'aria di chi ha raggiunto un superiore livello intellettuale e può guardare i plebei, soprattutto quelli nazionalisti e patrioti, dall'alto in basso), almeno Sansonetti è stato onesto nell'affermare che secondo la sua visione del mondo non c'è proprio nulla da celebrare in una guerra per la patria.
Nulla di strano per un comunista dei giorni nostri; l'idea che si debbano smantellare gli stati nazionali ed abbattere le frontiere è molto popolare in quei lidi.
Ma Sansonetti è andato anche oltre, nel territorio della manipolazione linguistica ed ermeneutica, fino a sostenere che la celebre frase della Canzone del Piave "Il Piave mormorò / Non passa lo straniero!" sia xenofoba.
Per fortuna un altro degli ospiti era LaRussa, che è capace di rispondere per le rime e tenere testa agli intellettuali sinistrati. La posizione di LaRussa è che è assurdo ritenere xenofoba oggi nel 2008 una frase scritta nel 1918 per celebrare la vittoria dell'Italia nella Grande Guerra.
Non so se egli sia a conoscenza, e quanto, delle questioni dell'interpretazione del testo e controllo della narrativa, ma LaRussa ha colto lo spirito giusto: l'interpretazione del testo non può essere lasciata al solo fruitore, ma deve considerare le intenzioni esplicite dell'autore, l'intera opera ed il contesto storico, sociale e culturale nel quale è stata composta.
Nel caso specifico della Canzone del Piave, chiunque non sia caduto preda dell'ermeneutica post-moderna può vedere da sé che lo straniero di cui si parla non è chi viene in Italia a fare un giro turistico o cercare lavoro (immagino che nel 1918 non fossero molti quelli che volevano cercare fortuna qui da noi), ma sono le armate degli Imperi Centrali intente al conquistare territorio italiano ed estendere il loro dominio.
Chiarito questo, possiamo sì discutere dell'opportunità strategica di voltare gabbana ed entrare in guerra contro Austria e Germania, o di chi abbia effettivamente aperto le ostilità, o del disgraziato comando di Cadorna...
Quello che rimane nonostante tutto è che il 4 Novembre è stata la prima - e finora unica - solida vittoria militare dell'Italia unita - unita non a livello di governo ma di popolo; la vittoria di un esercito formato da soldati di ogni parte di un paese unitario ma culturalmente e linguisticamente diviso (e queste divisioni in parte esistono ancora).
Ed al di là di tutti i distinguo e gradazioni di grigio l'orgoglio patriottico merita di essere celebrato.
Uno degli ospiti era Piero Sansonetti, direttore di Liberazione ("giornale comunista"), che nell'edizione del 3 Novembre proponeva di boicottare la festa della Vittoria, il 4 Novembre.
Sia pure con la solita spocchia dell'intellettuale sinistrato (l'aria di chi ha raggiunto un superiore livello intellettuale e può guardare i plebei, soprattutto quelli nazionalisti e patrioti, dall'alto in basso), almeno Sansonetti è stato onesto nell'affermare che secondo la sua visione del mondo non c'è proprio nulla da celebrare in una guerra per la patria.
Nulla di strano per un comunista dei giorni nostri; l'idea che si debbano smantellare gli stati nazionali ed abbattere le frontiere è molto popolare in quei lidi.
Ma Sansonetti è andato anche oltre, nel territorio della manipolazione linguistica ed ermeneutica, fino a sostenere che la celebre frase della Canzone del Piave "Il Piave mormorò / Non passa lo straniero!" sia xenofoba.
Per fortuna un altro degli ospiti era LaRussa, che è capace di rispondere per le rime e tenere testa agli intellettuali sinistrati. La posizione di LaRussa è che è assurdo ritenere xenofoba oggi nel 2008 una frase scritta nel 1918 per celebrare la vittoria dell'Italia nella Grande Guerra.
Non so se egli sia a conoscenza, e quanto, delle questioni dell'interpretazione del testo e controllo della narrativa, ma LaRussa ha colto lo spirito giusto: l'interpretazione del testo non può essere lasciata al solo fruitore, ma deve considerare le intenzioni esplicite dell'autore, l'intera opera ed il contesto storico, sociale e culturale nel quale è stata composta.
Nel caso specifico della Canzone del Piave, chiunque non sia caduto preda dell'ermeneutica post-moderna può vedere da sé che lo straniero di cui si parla non è chi viene in Italia a fare un giro turistico o cercare lavoro (immagino che nel 1918 non fossero molti quelli che volevano cercare fortuna qui da noi), ma sono le armate degli Imperi Centrali intente al conquistare territorio italiano ed estendere il loro dominio.
Chiarito questo, possiamo sì discutere dell'opportunità strategica di voltare gabbana ed entrare in guerra contro Austria e Germania, o di chi abbia effettivamente aperto le ostilità, o del disgraziato comando di Cadorna...
Quello che rimane nonostante tutto è che il 4 Novembre è stata la prima - e finora unica - solida vittoria militare dell'Italia unita - unita non a livello di governo ma di popolo; la vittoria di un esercito formato da soldati di ogni parte di un paese unitario ma culturalmente e linguisticamente diviso (e queste divisioni in parte esistono ancora).
Ed al di là di tutti i distinguo e gradazioni di grigio l'orgoglio patriottico merita di essere celebrato.
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