Prima di poter discutere in modo sensato del disastro della
Deepwater Horizon (o Macondo 252, visto che l'origine dell'incidente sembra trovarsi più nelle profondità del pozzo che sulla piattaforma), bisogna sapere almeno per sommi capi come si trivella un pozzo petrolifero, specialmente del tipo
offshore.
Ho fornito qualche cenno preliminare nel pezzo precedente, ma questi riguardano più che altro i tubi che connettevano la piattaforma alla testa pozzo.
Premetto che io non sono un ingegnere petrolifero, ma un chimico industriale per formazione, e comunque ho lavorato in ambienti e con persone coinvolte più da vicino nell'esplorazione ed estrazione del petrolio.
Quindi, se vi fidate di quello che vidico, ecco una breve esposizione. Naturalmente, nel caso che qualcuno che conosce bene la materia passi di qui, non sia timido e lasci pure un commento di correzione od approfondimento.
Per trivellare un pozzo petrolifero si usa uno scalpello di perforazione connesso all'estremità di una serie di aste di trivellazione; le aste vengono messe in rotazione da una tavola rotante che si trova alla base della torre (derrick) ed il movimento rotatorio dello scalpello, insieme al peso della serie di aste, permettono di frantumare il terreno.
Il raffreddamento dello scalpello e la rimozione dello smarino si ottengono circolando nel pozzo appositi fanghi di trivellazione, cioè sospensioni di argille ed additivi in una matrice acquosa od oleosa. I fanghi di trivellazione hanno anche un altro importante ruolo, che descriverò sotto.
I fluidi (petrolio, gas ed anche acqua) si trovano nel sottosuolo ad alta pressione a causa della massa che grava sopra di loro - la pressione aumenta di circa 1 bar ogni 10 metri di profondità: quando viene perforato un pozzo, questi fluidi erutterebbero con violenza se i fanghi di trivellazione non provvedessero un battente idrostatico sufficiente. A volte però la pressione dei fanghi può causare fratture nella roccia intorno al foro con infiltrazione dei fanghi stessi ed allargamento del foro. In pratica, si cerca di mantenere i fanghi alla minima densità necessaria, restando però pronti ad aumentarla nel caso di sovrapressioni o bolle di gas (
kick). Nel corso di una perforazione condotta propriamente, c'è almeno una persona che tiene d'occhio i paramentri del pozzo (pressioni, flusso di ritorno dei fanghi, condizioni dello smarino) per capire se c'è un "calcio" in arrivo e dare l'allarme in tempo.
Come ultima linea di difesa contro l'eruzione di un pozzo ci sono i preventori di eruzione (
blowout preventer o
BOP): si tratta di potenti marchingegni collocati alla testa pozzo, azionati idraulicamente che possono chiudersi intorno alle aste di trivellazione, o anche schiacciarle/tagliarle per sigillare tutta la luce del pozzo e così bloccare un'eruzione - sempre che la sovrapressione non ecceda i loro limiti operativi, o che l'eruzione non abbia già causato danni al preventore stesso.
Durante la trivellazione, diventa necessario rivestire le pareti del pozzo. I motivi possono essere diversi: evitare il crollo delle pareti stesse; evitare la contaminazione di falde acquifere superficiali con fluidi profondi ed evitare il flusso incontrollato di petrolio/gas. Per rivestire il pozzo prima si cala una camicia di tubi d'acciaio di diametro minore del foro filettati uno all'altro; la prima tratta di incamiciatura è per forza fissata alla testa pozzo, mentre quelle successive (di diametro via via decrescente) possono essere fissate alla testa pozzo, oppure al fondo della precedente.
Quando l'incamiciatura è in posizione, della boiacca di cemento viene pompata al fondo del pozzo, e risalendo riempie l'anello fra camicia e pareti (i dettagli del processo sono un poco più complicati, ma il succo è questo). Quando il cemento ha fatto presa, dopo avere svolto le prove di pressurizzazione del caso, è possibile riprendere la perforazione con uno scalpello di diametro minore.
Spesso accade che la cementazione della camicia non riesca bene: il cemento può non aderire alle pareti del pozzo perchè diluito dai fluidi profondi, oppure presentare vuoti, oppure disperdersi in eventuali fratture delle formazioni rocciose e non raggiungere il livello desiderato. Lo stato della cementazione può essere controllato con sistemi ad ultrasuoni e registrato nel
cement bond log. Se i difetti riscontrati sono eccessivi, è possibile praticare fori nella camicia usando cariche esplosive cave ed iniettare altra boiacca.
Il tratto di pozzo che interessa la formazione produttiva viene rivestito come sopra e dotato di tappo di cemento sul fondo; in più, si installa una camicia di produzione, ulteriore tubo che scende dalla testa pozzo fino al fondo e che ospiterà i sistemi necessari a captare o pompare il greggio.
Generalmente non è possibile passare subito dalla perforazione di un pozzo alla fase di produzione, per cui il pozzo viene temporaneamente abbandonato: anche la camicia di produzione viene cementata ed un paio di tappi di cemento disposti alle quote appropriate nel foro. Per massima sicurezza, si può lasciare lo spazio fra i tappi pieno di fanghi di trivellazione, anche se talvolta questo causa difficoltà nelle successive fasi di completamento.
Nelle trivellazioni offshore, si usa una colonna montante (riser) che consente il ritorno dei fanghi dal gruppo di preventori di esplosione alla piattaforma - anche se ci sono soluzioni che prevedono pompe di circolazione sul fondo marino e quindi nessuna colonna montante di grande diametro.
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